1.200 anni di mito da vivere passo dopo passo:
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Il Cammino di Santiago è una sfida da non solo per chi con zaino e scarponi si accinge alla via. Ma anche per chi è chiamato a pensarlo e a raccontarlo, per esempio in un giornale. Perché è quella cosa che tutti in qualche modo conoscono, tutti hanno un amico o un familiare che «l’ha fatto», tutti nella loro adolescenza anagra ca – o di spirito – a un certo punto hanno sfogliato una guida del Cammino e si sono chiesti: Perché no? Più di ogni altra rotta della viandanza, gli 800 chilometri che portano a Santiago costringono ad allargare lo sguardo a qualcosa di più, e di più alto.
Ultreya. Et Susteia. Avanti. E in alto. Le battute di saluto che ci si scambia incrociandosi lungo il percorso, e che diventano un mantra man mano che avanzano le tappe, sono la regola minima di ogni rotta umana. Di ogni giornata, di una vita. Andare più avanti, certo, perché per questo siamo stati biologicamente programmati. Più avanti con gli anni, con le relazioni, con le esperienze, con i desideri e la loro soddisfazione. Questo è quel che fa e sa fare di default la nostra macchina animale. Ma dobbiamo pure sempre ricordarci che c’è anche una possibilità in più l’andare più su, insita nel nostro essere uomini, ovvero quell’andare più in alto, quell’innalzarsi che ci rende diversi. Non è un discorso di fede, non solo. È un discorso di ragione, e di volontà. È la scelta non tanto di fare o non fare il cammino, ma del come, con quale obiettivo. Nell’epoca della «viandanza di massa» il Cammino di Santiago è l’esempio perfetto di questa dicotomia. È il cammino più battuto, addirittura affollato e caotico in certe settimane e lungo certe tratte. Ma è anche il cammino che, più di ogni altro, conserva un portato di spiritualità unico e anzi crescente. Passano i secoli, passano le mode di chi sceglie e percorre quel sentiero attraverso la Spagna del Nord, ma questa sensazione di essere (e sentirsi) chiamati a un qualcosa di più alto, di propriamente umano, è quel mistero fa di Santiago un evergreen, un passa io obbligato. Per i camminatori, e soprattutto per gli umani.