Natura e spiritualità nel cuore dell’Umbria:
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Francesco è una persona inquieta. Perennemente in cammino. La sua biografia è come l’ago impazzito di una bussola. Prima sotto lo stimolo del padre, il mercante assisiate Pietro di Bernardone, che per instradarlo nella professione lo spedisce in giro per quel che era l’allora Ducato di Spoleto, e via via fino a Roma.
Poi, chiamato dalla voce di ben altro Padre: prima nel tentativo di partire crociato con Gualtieri III di Brienne (partito pieno di spirito, la cagionevole salute bloccò però Francesco a Spoleto). Poi, a cominciare dal plateale gesto di rinuncia dei beni paterni, nel 1206, di fronte al vescovo Guido e a tutta la città di Assisi, quella del Poverello fu una vita tutta percorsa sui sandali, su e giù per l’Umbria, per l’Italia, e addirittura fino in Egitto, per incontrare il sultano ayyubide al-Malik al-Kāmil, nipote del Saladino. Quella di Francesco è una spiritualità concreta, viva, che non cerca l’isolamento, non fugge il mondo ma anzi lo percorre, lo scandaglia, lo interroga, lo coinvolge. La Via di Francesco è quindi una bellissima occasione per attraversare il «cuore verde d’Italia», dalla Toscana sud-orientale lungo tutta la linea appenninica dell’Umbria, dove la natura è ancora la protagonista assoluta e la storia si respira a ogni pietra e ogni borgo. Ma la Via indicata da Francesco è forse – soprattutto oggi – l’occasione per fare i conti con quell’inquietudine che è la nota più evidente della contemporaneità, quell’insoddisfazione smaniosa che ci muove ogni giorno, uno sradicamento continuo dai luoghi e dai rapporti trasformato in normalità, ma che normale non è. Un perenne andare senza più nemmeno contare i passi né aver chiara la meta. Immergersi nel silenzio della foresta umbra, nei panorami mossi e infiniti che si godono dalla sommità dei suoi colli, nell’ombra fresca dei tanti monasteri che si incontrano lungo la via, è allora l’occasione per compiere quel cammino interiore che ha come meta una rinnovata consapevolezza del nostro posto nel mondo. Uno degli episodi più narrati e controversi dell’agiografia del santo data al 1205. Francesco è in preghiera nella chiesa di San Damiano, ad Assisi. Dal crocefisso discende una voce, che per tre volte gli dice: «Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». Un invito che vale, oggi, per ciascuno di noi. Perché ciascuno di noi – chi più chi meno – ha una casa da riparare, che richiede di fermarsi e donarsi in un’opera costante di cura e di amore.